Lampada da salotto
Quando per accendere la luce si apriva un rubinetto
Il gas prodotto dalla distillazione secca del carbon fossile veniva commercializzato, fino agli anni ’30, con il nome di gas illuminante; è facilmente intuibile quale fu la sua principale applicazione.
Il gas illuminante era in realtà una miscela di svariati gas, la cui composizione percentuale variava a seconda del tipo di carbon fossile impiegato per la produzione. Inoltre nel gas era presente in sospensione una certa quantità di polvere finissima di carbone, il cosiddetto polverino, che, trasportato dal flusso gassoso, giungeva fino ai lampioni. Dalla lampada scaturiva perciò una fiamma formata dalla combustione del gas, ma anche dalle minuscole particelle di carbone. Queste partecipando alla combustione diventando incandescenti, e conferivano grande luminosità alla fiamma stessa.
Il reperto in possesso della Fondazione Amga rappresenta la versione domestica murale del lampione a gas.
Ferro da stiro
Con un tubo di gomma al posto del filo elettrico
Se la corrente elettrica soppiantò ben presto il gas nel campo dell’illuminazione, non altrettanto rapidamente ciò avvenne in altre applicazioni, in particolar modo laddove è richiesto sviluppo di forte potenza termica. È questo il caso dei ferri da stiro.
Il primo, di costruzione semi artigianale, ha al suo interno un bruciatore a fiamma. Questa tipologia di ferro, di tipo attivo, cioè con bruciatore interno, benché assai efficiente, fu presto abbandonato a causa della pericolosità dovuta alla mancanza di qualsiasi sistema di sicurezza.
Ferri da stiro passivi
Mentre il primo si caricava, con il secondo si stirava
Successivamente vennero messi in commercio i ferri passivi, ovvero un kit costituito da una coppia di ferri che dovevano essere riscaldati alternativamente da un apposito fornello a fiamma libera. Le fiamme, la cui forza è regolabile dal rubinettino, lambiscono la piastra stirante dall’interno del ferro, preservando lucentezza e pulizia della superficie inferiore della piastra stessa. I ferri illustrati (~1920) sono stati prodotti dall’azienda tedesca Triplex.
Scaldabagno
L’invenzione dell’acqua calda
Questo oggetto contribuì al miglioramento della qualità della vita e fu oggetto di progressivi miglioramenti funzionali.
I primi esemplari erano del tipo ad accumulo, il cui schema costruttivo non è molto dissimile da quello di una pentola d’acqua, detta caldaia, riscaldata da un fornello sottostante, detto bruciatore.
A questi modelli seguirono quelli istantanei che, pur basati sul medesimo principio, non hanno la caldaia ma una serpentina tubolare entro il quale scorre l’acqua. La serpentina è lambita dalle fiamme e lo scambio termico è così efficiente da consentire il prelievo dell’acqua calda senza alcuna attesa.
È però necessario che, contestualmente al riscaldamento, avvenga la circolazione dell’acqua, pena il rapido raggiungimento del punto di ebollizione e la conseguente esplosione della serpentina.
Lo scalda acqua di marca Fisam, acquisito dalla Fondazione Amga, reca sui rubinetti scritte caratterizzate da grafia futurista ed è perciò ascrivibile a quel periodo.